Il Parco è salvo

La Regione non tocca i confini

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Sorpresa: l’area protetta aumenta. Lunedì delibera in giunta, sconfitto Berlato

(Filippo Tosatto)
Pericolo scampato. Il Parco dei Colli euganei non diventerà una terra di nessuno alla mercé delle doppiette e delle colate di cemento: nel complesso, il suo patrimonio ambientale protetto sarà salvaguardato, anzi lievemente incrementato, mentre il divieto di caccia ai cinghiali (e alle altre specie infestanti) resterà inalterato, salvo le procedure di abbattimento selettivo autorizzate. È quanto stabilisce la nuova delibera regionale messa a punto dalla Giunta di Luca Zaia su proposta dell’assessore all’Ambiente Cristiano Corazzari, incaricato dal governatore di raccogliere i pareri dei quindici sindaci il cui territorio ricade del tutto o in parte nel perimetro vincolato. Una concertazione avviata dopo le proteste suscitate dal controverso progetto di legge di Sergio Berlato, il capogruppo di Fratelli d’Italia-An e patrono delle associazioni venatorie, favorevole a “riclassificare” il parco riducendo del 50% la fascia di protezione così da consentire ai residenti l’esercizio della caccia «alle specie selvatiche dannose alle colture e all’incolumità della popolazione». Una sorta di incubo per i difensori dell’ecosistema e per i municipi, la cui volontà è stata infine recepita da Palazzo Balbi, che la tradurrà in un atto esecutivo nella prossima seduta. Nel dettaglio, le proposte “cartografiche” giunte dalle amministrazioni locali sono così riassumibili: Arquà Petrarca, Baone, Rovolon, Torreglia, Battaglia Terme, Monselice, Montegrotto, Este, Abano e Cervarese Santa Croce, hanno confermato la volontà di mantenere l’attuale perimetro; Lozzo Atestino e Cinto Euganeo, hanno chiesto un leggero ampliamento dei confini del parco rispetto ai vincoli attuali; Vo’, Teolo e Galzignano Terme sollecitano invece una riduzione dell’area sottoposta al Piano ambientale; di modesta entità per quanto riguarda i primi, rilevante, rispetto all’estensione del territorio comunale, da parte dell’ultimo. Tali ipotesi sono state valutate dal gruppo di lavoro Corazzari trasponendo le richieste in un unica planimetria con successive sovrapposizioni cartografiche attraverso le mappe dei vincoli idrogeologici, della vegetazione e dell’habitat prioritari, dei vincoli paesaggistici e di quelli derivanti dal Piano ambientale. A ciò è seguito un ulteriore trattativa con le amministrazioni: il binomio Teolo-Cervarese e la triade Galzignano-Battaglia-Monselice sono state invitate al confronto reciproco nell’obiettivo di garantire continuità alle potenziali aree contigue, e tale prassi ha consentito di “omogeneizzare” le rispettive perimetrazioni. Analoghi ritocchi sono stati concordati con Vo’, Cinto e Lozzo Morale della favola? Oggi il perimetro del Parco Colli, soggetto cioè a tutela integrale, si estende su 18.694 ettari mentre le aree contigue ammontano a 397 ettari. Ebbene, il progetto conclusivo che accompagna la relazione dell’assessore alla Giunta prevede la riduzione di 307 ettari della superficie del parco – ovvero le porzioni urbanizzate del territorio di Vo’, Teolo e Galzignano dove i sindaci, in assenza patrimoni naturali da salvaguardare, chiedono freni meno stringenti – ed il contemporaneo aumento di 397 delle aree contigue, così da innalzare la superficie complessiva sottoposta a vincolo a 18.784 ettari. E il fatidico spauracchio-cinghiali? Al di là della propaganda strumentale, la loro proliferazione incontrollata (causata, peraltro, dagli stessi cacciatori che ne hanno attuato il ripopolamento abusivo una ventina d’anni fa) oltre a provocare frequenti incidenti stradali, crea danni devastanti non soltanto all’agricoltura ma alle stesse bellezze naturali. Per frenarne il dilagare (sono stimati oltre 10 mila capi con crescita esponenziale annua del 220%) polizia provinciale ed Ente Parco hanno varato un piano di cattura che consente una media mensile di abbattimenti pari ad un centinaio di esemplari; tale procedura sarà intensificata, con l’erogazione di maggiori risorse da parte della Regione. Tant’è. Questa è la delibera che sarà sottoposta al territorio e quindi al Consiglio regionale dove, c’è da scommetterci, l’irriducibile Berlato non tarderà ad imbracciare la doppietta.


«La vera insidia oggi è data dalla legge 143 che disciplina l’ente»
Sandon e Miazzi avvertono: a rischio è il Piano ambientale che regola tutte le attività nell’area dei Colli Euganei

(Nicola Cesaro)
Ad ambientalisti e comitati dei Colli Euganei l’attacco di Sergio Berlato al Parco Colli non faceva più tanta paura. Troppo estesa e solida la rivolta dei residenti, delle associazioni, dei naturalisti. Troppo ferma la posizione contraria dei sindaci euganei, o almeno della maggioranza (12 su 15, ad esser precisi). Troppo lontana la posizione stessa della giunta di Luca Zaia, che attraverso l’assessore Cristiano Corazzari ha più volte preso le distanze dal disegno del consigliere-cacciatore Berlato. Per chi ha cuore il futuro del Parco Colli, la sua autonomia e la sua autorevolezza, la sua capacità di indirizzare le scelte di un territorio e il suo peso politico in Veneto, tuttavia, non è ancora il momento di tirare un respiro di sollievo. A far paura, oggi, è il disegno di legge di 143, di iniziativa della giunta regionale, intitolato «Disciplina e valorizzazione della rete ecologica regionale e delle aree naturali protette». E’ stato approvato in giunta nel marzo 2016, presentato il 6 maggio al consiglio e ne è già terminata la discussione generale in Commissione. Il ddl 143, tra le varie cose, sostituisce la legge regionale 16 del 1984, quella che istituisce parchi e riserve naturali regionali, e abroga una sfilza di articoli delle singole leggi istitutive di ciascun parco naturale regionale, eliminando di fatto i vigenti piani ambientali. Compreso quello del Parco Colli. «Stiamo parlando di una legge che per impostazione non è tanto diversa dall’emendamento proposto da Berlato» ha sottolineato Gianni Sandon, ambientalista di riferimento negli Euganei «E’ più raffinato, prevede un percorso in cui almeno è consentito il confronto, ma è altrettanto subdolo. Di fatto il ddl 143 si mangia la legge quadro a cui facevamo riferimento e si porta via anche metà della nostra legge istitutiva. Il risultato? Ci viene chiesto di abbandonare il Piano ambientale e di dedicarci solamente alla natura. Paesaggio, ambiente e territorio, che erano gli altri capisaldi su cui doveva strutturarsi l’attività del Parco, vengono meno. Cosa c’è di differente tra la Regione che ci dice “ora occupatevi solo di natura” e Berlato che stringe i confini del Parco e riduce il territorio protetto ai soli cucuzzoli dei colli?». E ancora: «Questa legge di fatto spezza un cammino lineare che dagli anni ’60 – ricordo che una prima idea di Parco era quella del consorzio di Comuni volontari del 1968 – a oggi ha visto una sempre più convinta affermazione del valore e del potere del Parco. Buttano fuori dalla finestra la legge istitutiva e il Piano ambientale e nemmeno toccano la governance dell’ente, che è uno degli aspetti che invece andrebbe riformato in fretta. Sono gli stessi sindaci a dire che il Parco in mano ai sindaci è stato fallimentare, eppure nel ddl 143 li ritroviamo quasi nella stessa posizione. Rispetto al primo disegno di legge del 2012 è sparita anche la presenza di cinque componenti esterni in consiglio, rappresentanti delle associazione di categoria, degli ambientalisti, dei gruppi culturali». Il timore è condiviso da Francesco Miazzi, altro ambientalista di spicco dei Colli: «Il ddl 143 è il vero banco di prova per il futuro della nostra area e del Parco. Questa legge potrebbe mortificare le vere potenzialità del nostro territorio, trasformando il Parco in un ente dedito esclusivamente a competenze naturalistiche. Un vero e proprio attacco al Piano ambientale, ben più grave di quello sferrato da Berlato».

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